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Additive Manufacturing

La produzione diventa creazione

 

Oggetti che si materializzano

 

Può sembrare uno slogan pubblicitario, ma è invece la realtà odierna; partendo dal presupposto sempre valido che nulla si crea e nulla si distrugge, resta il fatto che parliamo di un’autentica rivoluzione che interessa la produzione industriale, artigianale e tutto ciò che riguarda il settore secondario, cioè quello che da secoli identifica la trasformazione delle materie prime.

Ma è proprio il concetto stesso di trasformazione (e più in ampio di lavorazione) che assume un altro significato ed una accezione, opposta rispetto al pensiero comune di tutti noi.

Le recenti evoluzioni delle tecnologie di Additive Manufacturing oltrepassano i tradizionali vincoli delle lavorazioni per asportazione di truciolo, abilitando aziende, professionisti e anche appassionati a ricercare forme e design di prodotto prima impensabili e irraggiungibili con macchine di lavoro quali centri di lavoro, postazioni CNC, torni e frese.

Grazie ad un approccio per addizione invece che per sottrazione di materiale, un qualsiasi oggetto può essere creato direttamente da un modello digitale, passando quindi da una idea, un disegno, un concept, ad un oggetto fisico: in sostanza, da byte ad atomi senza passaggi e attrezzature intermedie.

 

Il funzionamento di una stampante 3D

 

Tipologie di stampante

 

Le tecnologie additive si compongono di una componente hardware (una “stampante”)  ed una software, grazie alla quale poter gestire il processo di definizione dell’oggetto da stampare e la sua realizzazione per addizione di materiale.

Partendo quindi dal modello digitale dell’oggetto (file di progettazione – es. formato STEP), tramite programma di progettazione CAD è possibile alla creazione di un file in formato STL che, in sostanza, “taglia” e scompone tale oggetto in superfici che verranno poi realizzate dalla stampante medesima.

Da sottolineare come questo passaggio è praticamente automatico e prevede l’intervento umano solo per una fase di ottimizzazione avanzata, che non sempre è richiesta (soprattutto per chi si sta avvicinando alla tecnologia a piccoli passi). Il file STL istruisce la stampante definendo dove questa deve agire: facendo un parallelo con le stampanti tradizionali a getto di inchiostro o laser, il file STL indica i punti esatti della pagina dove deve essere rilasciato l’inchiostro per comporre il testo o l’immagine in fase di stampa. A differenza delle stampanti tradizionali, le stampanti 3D operano per strati successivi, addizionando materiale (fra poco vedremo quali) e componendo quindi un prodotto solido con specifiche proprietà meccanico-fisiche.

 

All’interno del vasto mondo della manifattura additiva si possono identificare diverse tecnologie, caratterizzate da processi di addizione differenti, in funzione di materiali impiegati molto diversi:

  • Fused Depositing Modeling (FDM): consiste nel costruire oggetti depositando successivi filamenti di resina termoplastica sovrapposti;
  • Binder Jetting (BJ): utilizza polvere di gesso, sabbie furaniche, sabbie fenoliche che, mediante inchiostro e uno speciale legante, forgiano uno strato dietro l’altro fino a definire l’oggetto desiderato.
  • Material Jetting (MJ): i materiali impiagati sono delle resine fotosensibili che, rilasciata da delle cartucce del tutto simili a quelle di inchiostro nelle tradizionali stampanti, vengono immediatamente esposti a luce UV che ne abilita il processo di fotosensibilizzazione e indurimento. Step by step, strato dopo strato, l’oggetto si compone in altezza sino alla sua realizzazione completa;
  • Stereolithograph Apparatus (SLA) e Digital Light Processing (DLP): entrambe le tecnologie impiegano delle resine fotopolimeriche e radiazioni UV; ogni strato viene solidificato al passaggio del fascio di luce UV oppure della luce di un proiettore, andandosi ad unire allo strato precedente;
  • Selective Laser Sintering (SLS): forse una delle tecnologie con il maggiore tasso di crescita futura, prevede l’impiego di polveri di polimeri (dal Nylon sino a materiale evoluti, come Nylon con addizione di fibre di carbonio o alluminio) che viene sinterizzato (quasi fuso) tramite un fascio laser che ripercorre, strato dopo strato, la geometria del pezzo da stampare. Una volta terminato uno strato, la stampante deposita un nuovo layer di materiale (polvere) vergine e il processo di sinterizzazione si ripete;
  • Laminated Object Manufacturing (LOM): utilizza strati di materiale vario, come carta, plastica, laminati metallici, i quali vengono tagliati mediante il laser o utensili meccanici tradizionali come le lame;
  • DMLS – SLM (Direct Metal Laser Sintering – Selective Laser Melting): in questa ampia categoria ricadono tutte le stampanti in grado di lavorare polveri di metalli (acciaio, alluminio, titanio, leghe speciali). Il processo non si discosta troppo da quanto descritto per le tecnologie SLS: un fascio laser porta a fusione le polveri metalliche che, in funzione della geometria seguita, portano all’addizione di materiale strato dopo strato.
  • Electron Beam Melting (EBM): così come per le tecnologie DMLS, questa elabora delle polveri metalliche con la differenza che la fonte di energia non è più un fascio laser bensì un fascio di elettroni ad alta energia, al fine di forgiare la forma desiderata (indicato specialmente per le lavorazioni del titanio).

 

 

Scenari possibili

 

Questo nuovo modo di intendere la produzione di oggetti e prodotti abilita scenari ancora poco esplorati e definiti. Attualmente le applicazioni più diffuse fanno riferimento alla realizzazione di prototipi e di pre-serie: le aziende infatti impiegano queste tecnologie per eliminare e bypassare gli step e le fasi di lavoro che prevedono la realizzazione di stampi o altri utensili necessari all’avvio della produzione vera e propria. Il primo beneficio riscontrabile nell’impiego delle tecnologie additive è infatti la flessibilità, ovvero che grazie ad una stampante 3D si possano produrre teoricamente oggetti differenti senza necessità di attività di preparazione ad hoc specifiche per ognuno di essi: nella manifattura tradizionale, si dovrebbe invece ricorrere alla realizzazione di utensili e stampi specifici, che richiedono tempi e soprattutto implicano costi non indifferenti. Il secondo beneficio abilitato da questi sistemi è relativo al venir meno di tutti quei vincoli produttivi delle tecnologie tradizionali, non in grado di lavorare forme con sottosquadri o strutture cave: con le stampanti 3D, non vi sono limiti alla forma e alla geometria degli oggetti e, per esempio, strutture cave sono possibili senza un incremento di tempi e di costi da parte delle imprese.

 

Chiaramente l’immaginario non permette di pensare di poter creare in questo modo oggetti di grandi dimensioni (anche se alcune aziende stanno impiegando il concetto di produzione additiva per la produzione di case a basso prezzo in paesi emergenti) e soprattutto in grandi serie.

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